"L'era dei vaccini anticancro"


Fonte: La Stampa Scienza

Il ricercatore: testati per mammella e ovaie, stimolano il sistema immunitario

VALENTINA ARCOVIO
Con i vaccini terapeutici vogliamo risvegliare il sistema immunitario e renderlo più forte contro i tumori». A parlare è Vincenzo Bronte, direttore dell'Unità di Immunologia nell'Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, che lavora allo sviluppo di farmaci anticancro di nuova generazione grazie al contributo dell'Airc. Premiato nel 2007 dal presidente della Repubblica Napolitano, Bronte è uno dei protagonisti delle ricerche sui vaccini contro il cancro alla mammella e alle ovaie.

Professore, quando si parla di vaccini, si pensa a farmaci che prevengono i tumori e invece non è così: può spiegare?
«La parola vaccino non deve trarre in inganno. Non parliamo di farmaci da somministrare per prevenire tumori, ma di un trattamento che stimola il sistema immunitario a combattere il cancro e a difendere l'organismo dalle recidive».

Al momento ci sono vaccini terapeutici già in uso?
«Due anni fa la “Food and drug administration” americana ha approvato il primo vaccino terapeutico che si è dimostrato efficace nell'aumentare la sopravvivenza dei pazienti affetti da cancro alla prostata in stadio avanzato. Il farmaco si chiama “Provenge” e la sua efficacia ha permesso di compiere un passo in avanti davvero importante nello sviluppo di questa innovativa strategia terapeutica. E infatti ora è iniziata la sperimentazione di un nuovo vaccino contro il tumore al seno e alle ovaie».

E' simile al vaccino contro il cancro alla prostata?
«Solo in parte. Il “Panvac”, come è stato battezzato, è un vaccino geneticamente modificato a partire da un ceppo virale simile al vaccino classico del vaiolo. E' ricombinante e al suo interno sono stati inseriti i transgeni “Muc-1” e “Cea”, due antigeni espressi in molti tumori, compresi quello alle ovaie, alla mammella e al colon. Visto che si tratta di un vaccino complesso, è stato possibile aggiungere anche altre molecole che stimolano l'azione dei linfociti T».

Come agisce un vaccino anticancro?
«E’ in grado di risvegliare il sistema immunitario, stimolando la produzione di linfociti T che circolano nell'organismo, arrivando nel tumore e uccidendo le cellule malate. Le cellule T, infatti, sono programmate per riconoscere gli antigeni tumorali ed eliminarli».

Anche il vaccino contro il cancro alla mammella e alle ovaie funziona?
«In uno studio che ha coinvolto 26 pazienti, affetti da un tumore metastatico in fase avanzata, il vaccino ha stimolato una risposta immunitaria. In particolare in uno dei soggetti è stata riscontrata una risposta completa e duratura».

La paziente è guarita?
«Il tumore è stato eliminato e sono passati 37 mesi».

E le altre pazienti?
«Nelle altre sono state riscontrate risposte parziali. Questo ci fa pensare che il vaccino funzioni meglio quando il tumore non ha raggiunto ancora una fase molto avanzata, come nella paziente che ha avuto un riscontro migliore».

Il vaccino è più efficace della chemioterapia tradizionale?
«La chemioterapia agisce subito, portando a una riduzione della massa tumorale. Il vaccino, invece, ha bisogno di più tempo per agire, tant'è che sono previsti più cicli di somministrazione. Non si assiste quindi a una scomparsa repentina delle lesioni, come succede con la chemioterapia. Anzi, a volte ne compaiono di nuove. Bisogna dare il tempo necessario ai linfociti T di agire, perché il vaccino è efficace sul lungo periodo. Spesso non si arriva all'eliminazione della massa, ma il vaccino aumenta la sopravvivenza. E un'altra differenza è che, mentre la chemioterapia funziona finchè la si somministra, e in alcuni casi di recidive il tumore può sviluppare una resistenza ai farmaci, il vaccino può permettere all'organismo di creare una memoria immunologica che contribuisce alla prevenzione della ricomparsa del tumore».

Se la chemioterapia e il vaccino funzionano in modo diverso, è possibile somministrarli contestualmente?
«La ricerca si muove in questa direzione. Pensiamo che la soluzione migliore sia optare per terapie di combinazione. La sfida sta nel mettere a punto quelle giuste, scegliendo farmaci chemioterapici che non distruggano il sistema immunitario e agiscano in sintonia con il vaccino. E qui si inserisce anche un nuovo farmaco che abbiamo già brevettato».

Di cosa si tratta?
«Si chiama “At38” ed è in grado di eliminare le barriere che il cancro crea nell'organismo per evitare di essere attaccato dal sistema immunitario».

Queste barriere impediscono che il vaccino funzioni?
«In parte sì. Lo scudo creato dal tumore ostacola i linfociti T, che non penetrano efficacemente nella massa per distruggere il tumore. “At38” elimina le barriere, lasciando i linfociti T liberi di agire».

Quindi il futuro non è in un solo farmaco?
«Per ora la strategia migliore sembra quella che punta alla combinazione di più terapie. Tutto sta nel trovare quella giusta».

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