Chemio a lungo. Con quali effetti?

Fonte: Giornale di Brescia.

Ore: 06:00 | martedì, 5 giugno 2012

Problemi cardiaci, malattie nervose, menopausa prematura, oltre all'insorgenza di nuovi tumori. Sono alcuni dei possibili effetti a lungo termine delle terapie chemioterapiche, che possono insorgere anche anni dopo la guarigione clinica del paziente. Effetti che spesso sono ignorati o sottostimati dai medici. Lo evidenzia uno studio condotto alla Harvard Medical School, presentato al congresso mondiale di oncologia Asco di Chicago.

L'indagine ha dimostrato che molti medici di medicina generale non hanno familiarità con gli effetti collaterali a lungo termine di quattro farmaci chemioterapici ampiamente utilizzati per trattare tumori della mammella e del colon-retto, due delle più comuni forme di cancro. I risultati sottolineano la necessità di una migliore comunicazione tra oncologi, sopravvissuti al cancro e medici per migliorare la continuità delle cure dopo che i pazienti hanno completato la terapia, e per monitorare i sopravvissuti in caso di possibili effetti tardivi del trattamento stesso.

Solo in America, ricordano gli esperti, vivono oggi 12 milioni di sopravvissuti al cancro (erano appena 3 milioni nel 1970). Un esercito di ex malati che non sempre trova nel proprio medico una guida sicura e competente. Interrogati sugli effetti collaterali a lungo termine di quattro diffusissimi farmaci, il 55,1 per cento dei medici ha identificato le disfunzioni cardiache come effetto tardivo della doxorubicina, il 26,9 per cento ha associato la neuropatia periferica con il paclitaxel, il 21,8 per cento ha associato la stessa patologia a oxaliplatino, mentre per il ciclofosfamide, il rischio di menopausa precoce e nuovi tumori è stato individuato appena dal 14,8 e 17,2 per cento dei medici rispettivamente.

«Mentre consigliamo vivamente i pazienti di essere a conoscenza dei farmaci chemioterapici che ricevono e dei loro effetti collaterali, è di vitale importanza che gli oncologi trasmettano le stesse competenze ai medici di cure primarie, in modo che possano gestire i rischi in modo adeguato per tutta la vita», ha detto l'autrice dello studio Larissa Nechljudov. «Allo stesso tempo, i nostri risultati sottolineano la necessità di una costante interazione tra oncologi e pazienti per monitorare gli effetti tardivi dei trattamenti».

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