Diventare genitori dopo un tumore


Fonte: Corriere Salute.

Preservare la fertilità, opportunità offerta a pochi
Il problema è trascurato, ma esistono diverse soluzioni

Ancora per troppi giovani malati oncologici viene trascurata la possibilità di preservare la fertilità prima di affrontare i trattamenti anticancro. Ora che i tassi di guarigione sono in aumento (ma lo sono anche le diagnosi di tumore nella fascia d'età fertile) è invece fondamentale che i medici stimolino le domande dei giovani pazienti sulle possibilità future di diventare genitori e rispondano su tutti i loro dubbi. «Bisogna "fare cultura" sul tema — dice Giorgia Mangili, responsabile dell'Unità di Ginecologia oncologica medica al San Raffaele di Milano —. Da un lato oncologi, chirurghi e radioterapisti devono considerare questo passaggio come parte integrante del processo di cure. Dall’altro i malati, o i genitori dei pazienti più giovani, devono imparare a non trascurare l'argomento».
In molti casi a farla da padrone è la comprensibile urgenza di sottoporsi alle terapie contro una malattia temibile come il cancro. E poi si rimpiange irrimediabilmente la fretta. «Soprattutto per le donne — spiega Mangili — le tecniche per preservare la fertilità potrebbero ritardare di alcuni giorni (al massimo settimane) l'inizio delle cure, ma stabilendo un iter preciso e moltiplicando gli ambulatori ad hoc per i pazienti oncologici si potrebbero abbreviare i tempi». Inoltre, l’ausilio di uno psicologo specializzato è importante, perché può aiutare a far emergere e sciogliere dubbi e timori. «Il primo passo per tutelare la capacità riproduttiva è eseguire un intervento chirurgico il meno demolitivo possibile — spiega Stefano Greggi, direttore della Ginecologia all'Istituto Tumori Pascale di Napoli —. Ogni qualvolta la malattia lo consenta (specie se in stadio iniziale, grazie ad una diagnosi precoce), preservare l'utero e soprattutto le ovaie nelle donne è ormai uno standard in molte neoplasie. Abbiamo protocolli sperimentali in corso su terapie conservative sino a ieri non considerate possibili».
Per l'uomo la chirurgia mira a risparmiare i nervi dell'erezione e a non alterare, se possibile, i meccanismi dell'eiaculazione. Ma anche i cicli di chemio e radioterapia possono danneggiare la fertilità: alcuni trattamenti effettuati per certi tipi di linfomi e leucemie, per le neoplasie di seno, intestino, ovaio e testicoli hanno fra i possibili effetti collaterali la sterilità futura del malato. «Per gli uomini — spiega Fedro Peccatori, direttore dell'Unità fertilità e procreazione in oncologia all'Istituto Europeo di Oncologia di Milano — la soluzione è semplice e poco costosa: si procede alla crioconservazione (ovvero al congelamento, di campioni di sperma; ciò permette di mantenere vitali i gameti maschili per un tempo indefinito e ci sono banche pubbliche dove è possibile conservarlo. La procedura va eseguita sempre prima di qualunque trattamento antitumorale o di interventi chirurgici che possano ledere l'eiaculazione.
Per le donne c'è il congelamento degli ovociti, che vengono poi scongelati e fecondati in vitro, oppure si può conservare parte del tessuto ovarico, prelevato con chirurgia mininvasiva». In queste tecniche gli italiani sono diventati particolarmente abili e i risultati sono molto incoraggianti. E ci sono ulteriori possibilità. Si può praticare la trasposizione ovarica che consiste nello spostamento chirurgico delle ovaie in caso si debba sottoporre l'area a radioterapia. Ed è allo studio la soppressione della funzione ovarica con farmaci agonisti del GnRH (analoghi dei fattori di rilascio delle gonadotropine) per mettere a riposo le ovaie durante la chemio, in modo che non vengano danneggiate dai farmaci.

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