Cos'è la chemioterapia

Mi spiace, tuttavia, considerare che questo articolo non presenta nessuna nota bibliografica e nessun riferimento di studi a sostegno delle tesi che vengono esposte circa gli effetti e la riuscita della terapia. Pertanto non può, così com'è, venir considerato attendibile.

Dal sito Prevenia.




Che cos’è la chemioterapia?
La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci per distruggere le cellule tumorali. Il meccanismo d’azione dei farmaci citotossici consiste nell’impedire la divisione e la riproduzione delle cellule tumorali. L’attività delle cellule tumorali viene progressivamente inibita fino a che la cellula stessa muore. Poiché tali farmaci si diffondono attraverso il sangue, essi sono in grado di raggiungere le cellule tumorali in qualsiasi parte del corpo: purtroppo possono compromettere le cellule sane dell’organismo (bulbi piliferi, mucose, midollo osseo), causando talvolta spiacevoli effetti collaterali. Tuttavia, a differenza delle cellule tumorali, le cellule normali subiscono un danno solitamente a carattere temporaneo e, di conseguenza, la maggior parte degli effetti collaterali cessano alla conclusione del trattamento.
 I farmaci utilizzati sono scelti dopo lunghe e accurate sperimentazioni in tutto il mondo. Il trattamento può prevedere l’impiego di un solo farmaco oppure l' associazione di due o più. La scelta della terapia dipende da molti fattori, tra i quali il tipo e le caratteristiche del tumore, l’età e le condizioni generali della paziente.
Come viene somministrata la chemioterapia?
La chemioterapia può essere effettuata secondo modalità diverse che dipendono dai farmaci usati. La modalità più diffusa è per iniezione in vena, mentre meno frequente è la somministrazione per bocca e per iniezione intramuscolo o sottocute.
Un’altra modalità di somministrazione in vena (quando le vene del braccio sono difficilmente reperibili oppure se è previsto un trattamento per lungo periodo di tempo) è il posizionamento di un cosiddetto”accesso venoso centrale”, cioè un catetere fisso inserito in una vena nel torace: tale dispositivo viene inserito una sola volta all’inizio della chemioterapia e consente non solo iniettare i farmaci, ma anche di effettuare i prelievi di sangue, evitando alla paziente il fastidio di doversi sottoporre ad ulteriori  multiple venipunture.
I tipi di accesso venoso centrale che vengono maggiormente usati sono il port-a-cath e il groshong: vengono sempre comunque posti in sede da un anestesista, senza causare né dolore né disagio.
La somministrazione, a seconda del tipo di trattamento ed a seconda dei farmaci, viene generalmente effettuata in ospedale come pazienti esterni (day hospital), oppure nel corso di una breve degenza.
Per la somministrazione dei farmaci, viene elaborato un “piano di trattamento” che prevede diversi cicli, il cui numero totale dipende dal tipo di tumore, dal tipo di farmaci somministrati e dal modo in cui le cellule tumorali rispondono ai farmaci. Tra un ciclo ed il successivo è previsto un intervallo di qualche settimana per consentire all’organismo di smaltire gli eventuali effetti collaterali del trattamento. Prima di effettuare la chemioterapia è necessario sottoporsi ad esami del sangue, per controllare sia i valori dei gobuli bianchi, emoglobina e piastrine sia la funzionalità epatica e renale. Se il numero di quelle cellule del sangue non fosse sufficiente, il ciclo di chemioterapia verrà rinviato di qualche giorno, in modo di mantenere costante la dose ottimale al fine di avere il massimo dell’efficacia terapeutica. Oggi esistono farmaci in grado di facilitare il rapido recupero dei valori normali di quelle cellule: essi si chiamano fattori di crescita e vengono somministrati dai medici ogni qualvolta si renda necessario.
Effetti collaterali della chemioterapia
La chemioterapia può produrre degli effetti secondari indesiderati, quali la caduta parziale o completa dei capelli, la nausea, il vomito, l’alitosi (sapore cattivo in bocca), la stomatite, la stanchezza, la perdita dell’appetito, il facile affaticamento, la stipsi o talvolta la diarrea. Inoltre, la chemioterapia può determinare la diminuzione dei globuli bianchi, rossi e delle piastrine. Alcuni farmaci impiegati nel trattamento del carcinoma mammario (es. taxani, vinorelbina) possono causare formicolio, sensazione di bruciore, senso di intorpidimento alle mani e ai piedi (neuropatia periferica).
Non tutte le pazienti sottoposte a chemioterapia hanno effetti collaterali: la chemioterapia può causare reazioni diverse da soggetto a soggetto e queste possono anche variare da un ciclo all’altro nello stesso individuo. Comunque l’assenza di effetti collaterali non è correlata alla poca efficacia della terapia. Può giovare ricordare che moltissimi degli effetti collaterali sono assolutamente temporanei e scompaiono gradualmente alla sospensione del trattamento.
Negli ultimi anni è stata data molta importanza alle “terapie di supporto” che permettono di controllare gli effetti collaterali della chemioterapia con farmaci adeguati che migliorano notevolmente la qualità di vita delle pazienti in trattamento.
Tuttavia l’amenorrea (scomparsa del ciclo mestruale) è irreversibile in quasi tutte le pazienti con età superiore a 40 anni.
Per quanto riguarda possibili effetti cancerogeni secondari al trattamento, non esiste alcuna evidenza a favore di un aumento di secondo tumore nelle pazienti sottoposte a chemioterapia adiuvante rispetto a quelle trattate con sola chirurgia.
Quando si effettua la chemioterapia?
Il trattamento chemioterapico può essere attuato:
  1. Prima dell’intervento chirurgico ( chemioterapia primaria)
Il trattamento chemioterapico può essere somministrato prima dell’intervento chirurgico sulla mammella al fine di “ridurre” il tumore e consentire interventi meno demolitivi. La terapia combinata con chemioterapia primaria rappresenta oggi quasi ovunque il trattamento di elezione nelle pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato (tumori fissi alla cute o alla parete toracica).
Nelle pazienti con carcinoma mammario operabile, la chemioterapia primaria rappresenta una nuova strategia terapeutica, il cui obiettivo principale è quello di migliorare ulteriormente i risultati terapeutici in termini di sopravvivenza libera da malattia e globale, ottenendo nel medesimo tempo una riduzione del tumore tale da consentire di sostituire talvolta un intervento chirurgico mutilante (mastectomia) con un intervento chirurgico conservativo (quadrantectomia) nelle pazienti in cui la dimensione del tumore mammario rende tecnicamente non eseguibile l’intervento conservativo.
Gli studi condotti presso centri europei ed americani hanno dimostrato che la chemioterapia primaria è in grado di ottenere un notevole aumento di interventi chirurgici conservativi ed una sopravvivenza libera da malattia e globale almeno simile a quella ottenuta con chemioterapia adiuvante.
  1. Dopo l’intervento chirurgico ( chemioterapia adiuvante)
Questo tipo dipo di trattamento viene effettuato quando la lesione tumorale visibile a livello della mammella è stata asportata, ma resta tuttavia il rischio che alcune cellule tumorali possano avere già abbandonato la sede primitiva del tumore mammario ed essere in circolo. La chemioterapia ha appunto lo scopo di distruggere queste eventuali cellule distanti dal focolaio tumorale primitivo e, quindi, di aumentare la percentuale di guarigione.
La terapia adiuvante del carcinoma mammario radicalmente operato può essere considerato uno dei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent’anni.  Infatti, nonostante il costante aumento dei casi di questo tumore, la mortalità negli anni novanta è diminuita sensibilmente non soltanto per effetto della diagnosi precoce (attraverso programmi di screening), ma anche per l’efficacia della terapia adiuvante. Una recente metanalisi comprendente 30000 donne arruolate in studi di chemioterapia, pubblicata su Lancet nel 1998 (Early Breast Cancer Trialists’ Collaborative Group: Polichemotherapy for early breast cancer: an overview of the randomized trials) ha confermato l’efficacia della chemioterapia adiuvante, evidenziando che:
la polichemioterapia (impiego di più farmaci ) riduce il rischio annuale di morte del 27% nelle pazienti con meno di 50 anni e dell’11% in quelle di età superiore ai 50;
prolungare la somministrazione della chemioterapia per più di sei mesi non aggiunge alcun vantaggio;
gli schemi di chemioterapia contenenti antracicline sembrano produrre un ulteriore vantaggio nei confronti dei regimi che non le contengono, vantaggio che può essere quantificato in una riduzione proporzionale annua del 12% per le recidive e dell’11% per la mortalità;
i vantaggi della chemioterapia possono considerarsi largamente generalizzabili, in quanto sostanzialmente indipendenti dallo stato menopausale (pre o postmenopausa), dall’età (maggiore o minore di 50 anni), dall’interessamento o meno dei linfonodi ascellari e dallo stato dei recettori ormonali (positivi o negativi).
  1. Tumore avanzato (metastasi a distanza)
I farmaci chemioterapici vengono impiegati per controllare l’evoluzione del tumore e, quindi, per migliorare la qualità della vita della paziente.




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Aggiornato il: 06 gennaio 2009

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